Scoperto il Bosone di Higgs
la particella di Dio esiste davvero
Al Cern di Ginevra individuato il Bosone di Higgs, che spiega come mai tutte le cose nell'universo abbiano una massa. Era stato teorizzato ben 48 anni fa dallo scienziato inglese, oggi 84enne e commosso fino al pianto dalla standing ovation che gli hanno riservato (foto 1). Per lui si profila il riconoscimento scientifico più ambito
dall'inviato ELENA DUSI
GINEVRA - Da oggi l'universo è
diventato un luogo più stabile, perché l'ultima
particella elementare è stata finalmente trovata. Ma
è anche diventato più instabile, perché il bosone di
Higgs, che dopo 48 anni di ricerche è finito nella
rete dei fisici del Cern, ha lasciato un'impronta
piuttosto diversa dalle attese. 2VIDEO La Hack: "Quella particella è dio" 3
L'annuncio nell'auditorium gremito di scienziati del Consiglio europeo per la ricerca nucleare a Ginevra è stato come una scossa di elettricità. È passato infatti quasi mezzo secolo da quando Peter Higgs, uno schivo fisico 35enne dell'università di Edimburgo, armato solo di carta e penna, nel 1964 lanciò l'idea che spiega perché l'universo è un luogo pieno di stelle e pianeti, di chimica e fisica, e non una zuppa informe, fatta di particelle che fuggono all'infinito senza incontrarsi mai.
VIDEO Che cos'è 4 /
"Abbiamo raggiunto una tappa storica nella nostra comprensione della natura", ha detto il direttore del Cern Rolf Heuer. "Nei nostri strumenti abbiamo osservato tracce chiare di una nuova particella a circa 125 Gev di massa", aveva appena annunciato Fabiola Gianotti, la scienziata italiana che guida l'esperimento Atlas, uno dei due enormi rivelatori sotterranei incaricati di identificare le impronte dell'Higgs.
LA SCHEDA 6 / GRAFICHE 71 8 2 9 3 10
Senza quel minuscolo frammento di materia teorizzato dal fisico scozzese in appena tre settimane estive del 1964, tutte le particelle elementari dell'universo sarebbero infatti state prive di massa. Ma la massa è sorgente di forza di gravità. E senza la forza di gravità descritta da Newton non c'è attrazione fra gli atomi, le molecole, le stelle, i pianeti e gli esseri viventi. Il bosone di Higgs appena scoperto al Cern è una sorta di colla che tiene insieme l'universo, ed è anche per questo che si è guadagnato il soprannome di "particella di Dio", con un termine poco amato dai fisici e giudicato dallo stesso Higgs "inutilmente offensivo nei confronti di alcuni credenti", ma ormai diventato irreversibilmente popolare.
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Oggi Higgs è seduto in prima fila nel seminario del Cern che illustra i dettagli della complicatissima caccia alla sua creatura. La conferma sperimentale della sua previsione teorica gli srotolerà quasi sicuramente un tappeto rosso verso il premio Nobel. E lui risponde al successo della sua intuizione giovanile con un sorriso da 83enne dolce e schivo. "Congratulazioni, è straordinario vedere questo risultato mentre sono ancora vivo", ha detto emozionato, ricordando il contributo di una manciata di colleghi ugualmente invecchiati in attesa di questa giornata, e che oggi sono seduti nell'auditorium del Cern accanto a lui, sorridenti dopo decenni di invidie e rivalità.
Con la scoperta del bosone di Higgs si completa così il quadro delle 17 particelle elementari che compongono la materia a noi nota. L'ultimo pezzo mancante è stato finalmente trovato. Ma per i fisici riuniti al Cern l'annuncio di oggi rappresenta anche l'apertura di un capitolo nuovo. Da domani gli strumenti di fisica più potenti del mondo verranno rimessi in moto per definire meglio i dettagli ancora ambigui dell'impronta del bosone di Higgs e per partire alla ricerca di quella parte dell'universo composta da materia oscura ed energia oscura. Ingredienti a noi del tutto ignoti, ma che pure rappresentano il 96% del contenuto dell'intero universo.
Per catturare l'impronta del bosone di Higgs c'è voluto l'acceleratore di particelle più potente del mondo, il Large Hadron Collider, un tunnel sotterraneo lungo 27 chilometri, che lambisce il lago di Ginevra e le pendici del Giura, che ha iniziato a scagliare protoni furiosamente l'uno contro l'altro nel 2008, dopo 20 anni di costruzione e 10 miliardi di spesa.
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La lunga attesa per mettere nel sacco il bosone di Higgs è dovuta in buona parte alla necessità di costruire questo gioiello della tecnologia, in cui l'Europa ha nettamente scavalcato gli Stati Uniti e a cui l'Italia partecipa con 3mila dei circa 10mila scienziati attraverso l'Istituto nazionale di fisica nucleare. Tre dei quattro esperimenti che studiano i frammenti di particelle generati dalle collisioni fra i protoni sono attualmente guidati da fisici italiani. Fabiola Gianotti in particolare è responsabile di Atlas, un gigante da 7mila tonnellate e 48 metri capace di individuare il passaggio di particelle di dimensioni infinitesime. Questo rivelatore, insieme al gemello Cms, ha dato la caccia per 18 mesi alle impronte lasciate dal bosone di Higgs.
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L'"ultima particella mancante" viene prodotta nelle collisioni ad alta energia, ma poi decade in un tempo brevissimo, impossibile perfino da misurare, trasformandosi in altre particelle che invece gli strumenti sono in grado di rilevare. Ed è stato proprio nei prodotti di decadimento del bosone di Higgs che gli scienziati si sono ritrovati dei dati inattesi. Gli Sherlock Holmes del Cern si sono accorti che il ricercato non ha esattamente le caratteristiche previste. E addirittura i ricercati potrebbero essere più di uno. "Le osservazioni di oggi ci indicano la strada da seguire in futuro. C'è ancora molto da fare per capire i dettagli dei nostri dati", ha detto Sergio Bertolucci, direttore della ricerca del Cern. Da spiegare, in fondo, resta ancora il 96% dell'universo.
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(04 luglio 2012)