Da
ragazzino aveva talento ma non era un prodigio, “la
falcata sbilenca, la corsa un po’ sporca”.
Middlesbrough, Ipswich e Southampton lo scartarono anche
per via del fisico. Al Newcastle, dove esordì in Premier
a 18 anni, tutta quella ciccia non andava bene. Dimagrì,
ma sul fisico robusto gli rimase quel volto per cui
Agnelli lo definì “un soldato di ventura con la faccia
da bambino”. Allegro, caciarone, in campo giocava sempre
due volte, una per la squadra, l’altra per sé. Gli
scherzi che combinava erano comiche da Mister Bean o
Paperissima: abbracciava la bambola
gonfiabile di un tifoso, nascondeva la palla sotto la
maglia, ammoniva un arbitro, faceva la linguaccia
durante l’inno, gavettoni e maschere, torte in faccia e
siparietti. Come quando Vinnie Jones, lui sì davvero
rissoso e senza gloria, gli strizzò gli attributi per
reazione. Nonostante l’infanzia povera e difficile,
Gascoigne non era il bullo delle cassanate. Non aveva la
scorza dura del coatto, era un clown.
Ma non è
stato solo un clown. I vizi a cui ha ceduto si
attribuiscono ai fantasisti belli e irrisolti.
Fantasista Gascoigne non era, vestiva la maglia numero
otto, non era un dieci indolente come i sudamericani.
Era un centrocampista possente e veloce (ecco la sassata
su punizione nella semifinale di Coppa di Lega del 1991,
che piega le mani al vecchio leone Seaman), a cui
piaceva segnare (25 reti col Newcastle, dieci nella
Nazionale, 33 con gli Spurs), busto dritto e agile,
ovviamente a modo suo: gomiti alti per sopravvivere alla
seconda divisione inglese, dove a fine partita poteva
mancare qualche dente al suo sorriso. A differenza dei
suoi eccessi grossolani, Gazza è stato un giocatore
molto tecnico, quasi classico. L’archivio fotografico di
Getty Images racconta bene questa fisicità. Talento,
potenza, eccessi e stranezze da “Cretinetti”: questa la
dote che Gazza portava in Italia. Elton John lo
sconsigliò: “Attento, vai nella tana del lupo”.
«UN CUORE
GRANDE» - Gattuso tiene però a sottolineare anche i lati
positivi del 45enne ex «enfant terrible» del calcio
inglese: «Coi Rangers avevamo un preciso dress code. In
un grande magazzino Gascoigne mi comprò quattro-cinque
vestiti. Era stato il club a dirgli di farlo. Il denaro
mi sarebbe poi stato detratto dal mio stipendio. Più
tardi chiesi alla squadra quando saldare quel debito. La
loro risposta fu: “Ci ha già pensato Gascoigne”».
Insomma, spiega Gattuso: «Paul può essere una
personalità con un cuore grande». Già qualche anno fa
l’ex rossonero Brian Laudrup svelò alcuni particolari
inediti dell'esperienza del giovane calabrese nei
Rangers rivelando quale fosse la soluzione di Gazza per
tenere a bada Ringhio: la ricetta di Gascoigne per
tranquillizzare Gattuso, secondo Laudrup, era quella di
rifilargli qualche ceffone ogni tanto, così come faceva
con tutti gli altri elementi della squadra.
LONDRA -
«George Best era un
mio amico ed era
anche il mio eroe.
La notizia della sua
morte mi ha
distrutto, ma io non
sono come lui, mi
curo, vado da uno
psicologo e tengo
sotto controllo i
miei problemi con
l'alcool».
Dichiarazioni,
queste, che Paul
Gascoigne ha
rilasciato in
un'intervista al
quotidiano spagnolo
«As» che lo ha
raggiunto in
Inghilterra qualche
settimana dopo il
suo esonero dal
Kettering Town e dal
suo arresto per
l'aggressione ad un
fotografo. L'ex
stella della Lazio e
della nazionale
inglese, 39 anni,
racconta la sua
verità sul
licenziamento al
Kettering Town.
«Hanno detto che
sono stato esonerato
perchè ero sempre
ubriaco, è falso -
spiega Gascoigne -,
la verità è che ho
preso un brandy
doppio prima di una
partita, nulla
rispetto alle
quattro bottiglie di
whisky che bevevo in
passato». «Gazza»
parla con entusiasmo
dei suoi giorni da
allenatore del
Kettering, i
risultati arrivavano
e con la squadra si
era instaurato un
bel rapporto.
«Voglio fare
l'allenatore,
continuerò a farlo -
assicura Gascoigne
-. Ho parlato con
tanti grandi
tecnici, da Mourinho
ho imparato
l'importanza di una
difesa forte, da
Ferguson che tutti i
giocatori devono
essere duri e pronti
a tutto, da Wenger
come sfruttare il
possesso palla».14
dicembre 2005
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11 febbraio 2013
Quel genio del pallone posseduto da
un demone custode (Corriere della
Sera)
Nei suoi
tempi migliori, quando non era
bloccato dai suoi innumerevoli
infortuni, Paul Gascoigne è stato,
senza esagerazione, un genio del
calcio. Oltre a tutte le qualità
fisiche e tecniche necessarie a
tanti campioni, possedeva l’estro,
il dono supremo
dell’imprevedibilità. Apparteneva
alla razza rarissima di coloro che
riescono a stupire se stessi prima
ancora del loro pubblico. Nel calcio
di oggi, non saprei indicare
qualcuno che riunisca in sé, come
lui, tanta potenza e tanta fantasia.
Ma è ovvio che la memoria di Gazza
sarà sempre legata, oltre che al suo
irregolare e inimitabile talento, a
tutto ciò che accadeva tra una
partita e l’altra. Ed ecco che si
affollano nella memoria le sbronze,
le droghe, le sparizioni da casa, e
tutte le altre prove del fatto che
il mondo, per quest’uomo grande e
sventurato, non è mai stato un luogo
facile da abitare. Ci saranno
termini medici più appropriati e
delicati, ma Gascoigne, per dirla
con la parola più rozza e più vicina
al vero, è un pazzo, un vero pazzo
del tipo pericoloso per se stesso. E
nei casi come il suo, purtroppo, è
ben difficile immaginare una
terapia. Perché diventa impossibile,
quando ci si è spinti oltre un certo
limite, salvare il bene ed escludere
il male. La triste verità è che il
bene e il male provengono dalla
stessa radice, estirpando la quale,
non ci sarebbe più nulla della
persona. Voglio dire che in casi
come quello di Gascoigne mi sembra
abbastanza inutile e lontano dal
vero immaginare il Genio insidiato,
ed infine polverizzato, dalla
Sregolatezza. Può verificarsi anche
questa scissione, questa titanica
lotta di forze contrarie capaci di
lacerare l’individuo. Ma se penso a
Gazza Gascoigne, in ogni circostanza
della sua vita, sia mentre gli stadi
lo acclamano all’apice della sua
gloria, sia mentre giace circondato
da bottiglie vuote in una squallida
stanza d’albergo, è sempre
l’immagine di un uomo vero, e
intero, quella che riconosco. Non
qualcuno che ha di fronte delle
possibilità, tra le quali,
scegliendo accortamente, sarà
possibile costruire un patto
vantaggioso con la vita, ma un uomo
solo, spronato da un destino che non
prevede scelte: un nero, possessivo,
incomprensibile demone custode.
(emanuele trevi)
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